Ci penso da ormai diversi giorni. Ogni volta che leggo un articolo di giornale sul piccolo Angelo, trovato morto nella culla termina della parrocchia di Bari, non riesco a non pensare alla sua mamma e al suo dolore. Doppio, triplo, quadruplo, infinito. Non riesco a non pensare a quella donna senza nome e senza volto e a cosa stia provando. E non riesco a non provare amarezza ogni volta intravedo dita puntate contro di lei.
Quanto male fa doversi separare dal proprio figlio? Quanto coraggio e quanto amore ci vuole per prendere la decisione di consegnarlo ad una vita migliore? Sono certo che la mamma di Angelo, questa donna senza volto e senza nome, non abbia compiuto a cuor leggero quella scelta. L’ha lasciato in quella culla affinché qualcuno più fortunato di lei potesse dare un futuro al suo bambino.
Non è andata così. Angelo un futuro non ce l’avrà. Avrà per sempre pochi giorni di vita. Sfortunato sino all’ultimo suo respiro.
Ci penso alla sua mamma. Allo strazio che avrà provato nel sapere che quel suo gesto estremo d’amore si è trasformato in una trappola per il suo bambino. Provo dolore nel sapere che avrà letto tutte le cattiverie che i leoni da tastiera dei social network non le hanno risparmiato; che abbia ascoltato le classiche parole colme di retorica che si ripetono in queste circostanze.
Ci sono persone alle quali non è concesso nemmeno di piangere. Quando in tv passano le immagini del funerale; quando al mercato l’argomento del giorno è la fine di quella povera vita, quando dal pulpito un sacerdote fa la sua predica. La mamma di Angelo resterà sola nel suo dolore che non potrà raccontare a nessuno.
Che futuro avrebbe avuto Angelo se la sua mamma non avesse avuto il coraggio di lasciarlo in quella culla? Ce lo chiediamo tutti, certamente anche la sua mamma, vittima silenziosa e senza volto a cui, purtroppo, non pensa nessuno.
